Zavoli: Un artista del tuo rango, insediato nella storia stessa della pittura, come si misura con l’idea di una crescente marginalità dell’arte? Ne sei sempre convinto?
Sughi: Arte è una parola che oggi sembra fare riferimento a tutto e di più, perdendo il suo significato tradizionale da quando, nel trascorrere del tempo, è venuta meno la sua funzione originaria.
Le aspettative e le paure dell’uomo moderno si rivolgono sopratutto alla scienza, alla religione, alla politica, al danaro per trovare risposte o conforto.
Ne consegue che l‘Arte gioca ormai un ruolo marginale. In altre parole, ho l’impressione di vivere all’interno di un tempo che non ha più bisogno di Arte.
Z) La tua arte stessa non avrebbe motivo di smentirti? Oppure siete complici di un paradosso?
S) La mia pittura riflette il mio pensiero; direi addirittura che ne dà un'immagine più chiara. Spesso si è detto e scritto che rappresenterei il sentimento della solitudine: è vero, il mio lavoro mostra la solitudine, la lontananza della mia pittura rispetto al mondo di oggi.
Z) Perché, di fronte a una temperie così lacerante non è seguito un distacco reale, non c'è stata un'abiura?
S) Non ho mai pensato, né ieri né oggi, di potermi allontanare da me stesso (e perdona se di me e del mio lavoro pretendo di fare, in questa conversazione, un cosa sola); ci si attrezza per sopravvivere su un’isola deserta, figuriamoci se non si può continuare a fare un lavoro che si ama anche quando i contorni del suo significato sembrano sfocarsi, perdersi....
Tratto dall'intervista di Sergio Zavoli ad Alberto Sughi per il catalogo della Mostra Monografica alla Biblioteca Malatestiana di Cesena, 23 Marzo-22 Luglio 2007, Ed. SKIRA |