Quelle figure solitarie, assorte, e come prese dalla quotidianità del loro incubo. Penso, prima di tutto, all' uomo sdraiato, che non è certo un Oblomov immerso nella maleodorante pasta del suo letargo, piuttosto un essere totalmente assorbito da qualcosa di ineluttabile, o dalla consapevolezza del suo nulla. E ancora più sinistra, e per certi aspetti davvero atroce, è la figura del pugile all' angolo, quasi l' incarnazione di una eterna lotta eternamente perduta. Figure di Alberto Sughi, che riescono a esprimere la sintesi di un percorso, e che di una possibile narrazione sanno trasmettere il succo estremo; diciamo la cifra lirica, la verticalità interna, o la vertigine di un destino; non senza, a volte, un cauto tratto ironico. Di quell' uomo sdraiato affascina la verosimiglianza di alcuni dettagli, come la posizione delle due mani e lo sguardo fisso, in una specie di quiete forzata. Sughi si muove anche più tagliente, nel vortice della desolazione. Orribile è quella donna seduta sul divano rosso, scheletrita e assurda, e impressionante quel tremendo nudino a letto. Anche le scene collettive mostrano figure chiuse in se stesse, come nel gioco di fantasmi della sua Mosca cieca. La cupa tensione di Sughi spesso toglie il fiato e fa venire i brividi. Ma sa inchiodare alla viscosità tenebrosa dei suoi corpi e della sua materia. (Cesena, Biblioteca Malatestiana, sino al 22 luglio. Tel. 0547/610892) Cucchi Maurizio |