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Alberto Sughi,

Pagine di diario, Anno 1996

12 febbraio: ho dipinto su due tele già iniziate apportandovi delle modifiche sostanziali; l'una, che aveva come soggetto una donna dormiente in un interno con un mazzo di fiori, è diventata una giovane davanti alla vetrina di un bar; l'altra in cui era rappresentato un uomo che attraverso i vetri guarda una donna assorta ad un tavolo di caffè ha subito una radicale semplificazione acquistando complessità espressiva: ho tolto la figura della donna perché rimanga centrale e misteriosa l'immagine dell'uomo che guarda. Cosi' ho dipinto qualcosa di inquietante al di fuori di ogni racconto.

14 febbraio: questa mattina ho ripreso a lavorare su questo quadro; dopo avere definito il volto e avere cercato di delineare meglio l'architettura di tutto l'insieme, ho deciso di smettere perché mi pareva di procedere in modo troppo mentale: cercavo di eseguire bene; non ero aiutato da quell'estro cosi' necessario per dare vita a un dipinto. Stava andando decisamente meglio col secondo quadro "1a donna davanti la vetrina del bar"; arrivavano soluzioni impreviste e piacevoli, mi stavo divertendo, sentivo di essere dentro l'avventura del dipingere.
Quando si sente di entrare in questa avventura bisogna saper prendere una grande distanza da tutto ciò che ti circonda. Non mi è stato possibile continuare quando è arrivato Millo a cui avevo dato appuntamento qualche giorno addietro. La sua visita mi avrebbe fatto certamente piacere se non avesse difatto determinato lo spegnimento del momento creativo.
Bisognerebbe, quando si è in un periodo di intenso lavoro, non dare appuntamenti nemmeno a persone che si vorrebbero vedere: capitano quasi sempre in un momento inopportuno.

20 febbraio: ieri ho pensato di portare a termine uno dei quadri grandi che sto preparando per la mostra di Bolzano. Non lavoravo a questo dipinto, che ritenevo praticamente completo, da parecchio tempo; tuttavia mi ero già ripromesso di stendere meglio qualche colore e di definire alcuni particolari della figura che avevo lasciato troppo indeterminati. La misura del quadro è di cm 160 x 160; il soggetto: una donna dormiente vicino ad un telefono. Dato che mi pareva un quadro abbastanza bello, forse il migliore tra quelli che ho dipinto in questi mesi, ho cercato di adoperare ogni cautela per non fare interventi che avrebbero potuto determinare uno sconvolgimento dell'immagine. Mi sembrava di procedere in questo lavoro di rifinitura abbastanza agevolmente avendo cura di raccordare bene sia i toni che i colori affinché non si notasse che il quadro era stato ripreso. Purtroppo avevo dimenticato che la condizione per me più innaturale è proprio quella di procedere con cautela. Se non dipingo come vivessi dentro un'avventura rischiosa, divento un pittore che perde molto delle sue qualità. In poco tempo mi sono smarrito dentro un labirinto in cui non trovavo più la via per uscire. Mi sono dovuto fare coraggio: ho abbandonato l'eccessiva prudenza e ho cercato di recuperare i miei modi più naturali per guadagnare l'uscita. Troppo tardi; la grande tela era ormai compromessa e l'accanimento a continuare a dipingere non ha prodotto che il progressivo disfacimento dell'immagine. Alle sette della sera, con un sentimento di pena, ho deciso di smettere: il mio bel quadro non c'era più.

22 febbraio: sono ormai due giorni che mi adopero per recuperare in qualche maniera il dipinto in questione. Non è la prima volta che cerco, con ostinazione, di non arrendermi; di partire da un fallimento per arrivare ad un nuovo e imprevisto risultato. Mi ripropongo, in una nota successiva, di analizzare questo mio comportamento che spesso
ha dato esiti confortanti. Per adesso non so; sono ancora dentro la ricerca delle ragioni di questo dipinto; qualcosa mi pare di intravedere; domani forse sarò in grado di capire se avrò avuto ragione di insistere tanto.

24 febbraio: adesso sono cinque i giorni passati a remare dentro questo quadro che sembra essere diventato un mare in burrasca: ed io, tra scoramento e fiducia, ho continuato a darmi da fare perché la barca non fosse travolta. Ho resistito oltre la speranza; quando tutto sembrava perduto il mare si è improvvisamente calmato; ed eccomi davanti a questa tela che forse ho salvato dal naufragio.
Passano velocemente i giorni e non riesco ad uscire da questo quadro. Mi sembra spesso di avere trovato la soluzione che cercavo; ho qualche momento di soddisfazione che purtroppo non dura molto tempo. Poi mi ritornano i dubbi e prendo la decisione di cancellare e rifare una parte che mi costringerà poi a mettere le mani anche su un'altra e cosi' via. Sono le nove di mattina, sono sceso nello studio da poco ed ho già dato un'occhiata al quadro in questione. Potrei lasciarlo per oggi almeno, e passare a dipingere un altro. Sarebbe una cosa saggia; ma può chi ha accettato da sempre di prendersi tutti i rischi della ricerca comportarsi saggiamente?

1 marzo:
Oggi è stata una giornata poco creativa. Forse sono stanco; sta di fatto che non ho combinato niente e sono costretto a rimandare ancora di un giorno la conclusione (almeno cosi' mi auguro) di questo benedetto quadro in cui si è andato ad arenare il lavoro per la mostra di Bolzano. Il tempo non si allunga e tutto quello che dedico a questa tela non l'avrò più quando mi servirà per gli altri quadri. Siccome mi sono reso conto che la realizzazione di questo dipinto è diventata la porta attraverso la quale devo per forza passare per proseguire il mio viaggio non mi resta che augurarmi di trovare al di là della porta, una strada che si possa percorrere più agevolmente. Altre volte è andata in questo modo... come se il travaglio di questa gestazione in cui si bruciano pensieri ed energie, in cui si alternano momenti di esaltazione ad altri di sconforto, lasci all'autore una inaspettata ricchezza.

6 marzo: l'ultima nota è ormai lontana di sei giorni; intanto il lavoro del pittore procede senza soste; anche se, a dire il vero, la parola procedere non sempre qui ha il significato di andare avanti. Il quadro della donna dormiente a cui lavoravo da più di due settimane con una determinazione che sembrava somigliare ogni giorno di più ad una sorta di grottesco eroismo ha trovato la sua conclusione più naturale; ieri pomeriggio ho deciso di non insistere più; ho deciso di uscire da questa tela che avevo cercato di salvare ad ogni costo senza arrivare mai ad un risultato appagante. La sola strada praticabile per uscire da questa troppo lunga vicenda era quella di cancellare tutto. Cosa che ho fatto. Un po' di stordimento; se nevanno in un attimo pensieri, giorni di tensione e di speranze; giorni di fatica che non hanno avuto nessun premio.

7 marzo: come si vede dovrò proseguire il mio viaggio senza più tenere conto del grande ruolo che avevo assegnato al mio quadro. Oggi capisco come l'ostinazione sia costretta a nutrirsi di retorica dato che, per sua natura, è allergica ad ogni ironia. E così mi vergogno un po' di tutte le metafore che ho adoperato per sostenere la mia ostinazione.
9 marzo: ieri ho sentito per telefono due vecchi amici con i quali, per ragioni diverse, non comunicavo da tempo: Renato Z. e Sergio Z. Avere ripreso il discorso, e in maniera così imprevista, mi ha fatto molto piacere. Ho considerato questo accadimento come un segno ben augurante per le giornate non facili che passo dentro il mio lavoro: come se i vecchi amici, avendo capito, avessero voluto testimoniarmi il loro sostegno. Intanto ho ricominciato a dipingere; ...adesso devo stare attento a non imprigionare dentro le parole il lavoro che vado facendo.

 

Alberto Sughi, Pagine di diario, Anno 1996

 


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