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Pierre Restany

Una sinfonia del destino

Prevalgono nei quadri recenti di Alberto Sughi i paesaggi notturni e sentimentali che si riallacciano in linea diretta alle serie immediatamente precedenti del 1985 e del 1971-73. Il protagonista indiscutibile di questo periodo è il rapporto fra uomo e natura, rapporto ricchissimo di emozioni e di carica umana. L'uomo per Sughi è al centro dell'operato pittorico, come emittente e come ricevente degli impulsi pittorici. L'uomo è la misura mentale e sentimentale di una pittura di estrema raffinatezza e sensibilità. Sughi è il maestro della luce notturna, del suo splendore forte e complesso, della dimensione corposa e sensuale dell'ambiente atmosferico. L'uso combinato dei verdi e dei gialli crea un equilibrio visivo pieno di echi e risonanze musicali. Si tratta di una melodia più vicina al mormorio dell'essere che non all'orchestrazione spettacolare di una qualsiasi ipertrofia dell'ego. La misura umana è fatta di sensibilità certo, ma anche di cultura morale. L'uomo nella sua solitudine acquista una verità specifica: quella di non dover mentire a nessuno e di poter assumere il grande mistero della sua presenza. Questa presenza al mondo viene illustrata dal motivo ricorrente della casa gialla intravista attraverso il verde della natura, una natura onnipresente e non ostile, una natura pronta ad accogliere il respiro umano di una comunicazione organica e diretta. Mai la parola armonia ha preso un senso tanto pieno: la pittura di Alberto Sughi è un atto di espressione globale. Una tale visione sintetica fa parte dell'universalità della nostra cultura affettiva e quando parlo di sentimento a proposito di questo pittore lo faccio nel modo più lodativo. Il complimento è meritato. La sua è una pittura di effusione sensibile, però altamente controllata.

Per Alberto Sughi l'uomo è uno strumento di misura dell'universale. Questa è la verità della sua solitudine. Parlare di melanconia o di nostalgia sarebbe superfluo, addirittura redibitorio. Questa pittura ha un respiro ampio come i grandi sospiri. Non c'è posto in questo universo così denso e così equilibrato per gli abusi o gli eccessi romantici. Si tratta di un presente permanente dei sensi, se il tempo è legato non lo è per una decisione arbitraria, dell'autore, lo è come un fatto in sé, una realtà vera. Questi fatti di evidenza non si discutono. Si accettano come un destino, un destino senza passato né futuro, come una stasi vibrante dell'essere, un fenomeno percettivo allo stato puro. L'emozione che sto provando davanti ai quadri di Sughi mi ha colto all'improvviso come un senso di assoluta necessità. Non mi aspettavo una reazione simile. Mi credevo più preparato ad organizzare il filtraggio psicosensoriale di questo tipo di impulsi pittorici. Ha vinto la pittura in questo dibattito personale, ha vinto la pittura per la sua qualità, per la sua forza interna, ma anzitutto per la sua sincerità, la sua verità spontanea.

Se esiste oggi una crisi della pittura non è certo dovuta alla crisi del genere in sé, ma alla crisi dell'immagine dipinta. Quella di Sughi non è un racconto di tipo aneddotico, è un fatto esistenziale, un modo di vivere la solitudine. Solo un fortissimo impegno morale può giustificare la globalità della visione e l'immensa generosità degli impulsi primari. Questo uomo immerso nel verde scuro della notte incarna i limiti della nostra coscienza.Tocca a noi spettatori sentire, o presentire, lo spazio esatto della comunicazione affettiva. Se questa pittura vuoi rendere l'immagine dell'uomo, dell'uomo come misura, essa diventa anche la misura della nostra percezione. Il discorso di Alberto Sughi ha rinunciato ad ogni tentazione di aggressività o di provocazione. È un discorso sereno ( piuttosto di grande autocontrollo nell'esprimere le emozioni basiche della personalità. Questo discorso esalta nell'uomo gli aspetti più profondi. Alberto Sughi ci insegna a vivere nel respiro stesso delle cose. Se ci capiterà di sbagliare, seguendo questo invito a partecipare ad una ginnastica essenziale del cuore e dello spirito, allora la colpa sarà nostra: non perché il pittore non voglia rimproverarci, ma perché avremo la sensazione acutissima di non essere stati all'altezza della situazione presente. Una volta entrati nell'universo di Sughi, nella profonda maestà del colore, è difficile tornare indietro con la sensazione di vivere un momento di altissima emozione. Un momento molto esigente, che richiede anche a me uno sforzo di apertura mentale. Mi trovo veramente davanti ai miei limiti di comprensione organica: è questa la forza unica ed eccezionale di una pittura che non vuole essere altro che pittura.Una notte ho parlato a lungo con Sughi e so che la sua attuale serenità sensoriale è il prodotto di una lunga e travagliata esperienza di vita.La sua arte risiede nel superamento delle nostalgie negative, nell'amore mantenuto, salvato o addirittura riconquistato dell'uomo e dell'umanità. L'agente del miracolo è la natura stessa, la natura che sa perdonare all'uomo gli affronti maldestri. La natura non esiste senza una coscienza chiara del suo rapporto con la cultura. Questa natura è un fatto nostro e lo dobbiamo gestire con cura attentissima altrimenti l'altra faccia della natura, la natura naturans, ci sfugge e ci sfuggirà per sempre. Vorrei che la gente di oggi andasse a vedere la pittura di Alberto Sughi come un ultimo ricorso purificatore: se il contatto sarà negativo, allora non ci sarà più niente da fare. Io mi rifiuto di accettare questa soluzione negativa e la forza della mia decisione l'ho trovata proprio nella vitalità interna di questa pittura. È una bellissima lezione di emozione allo stato puro.

Pierre Restany

(Roma 1992)


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