Uomo in un Interno
Alberto Sughi, Uomo in un interno, 1967 II quadro sul cavalletto (Uomo in un interno), era uno di questi interni dell'ultimo tempo, dove c'è sempre un personaggio, solo, che sembra reggere le sorti della vicenda. Personaggi cavati, si direbbe, dall'esperienza di vita, dai rapporti umani di Sughi col mondo. Non si potrebbe concludere che egli ami queste persone, che, inopinatamente e si intende per metafora, il pittore ha convocato nello studio, quali protagonisti di una storia da raccontare. Egli li colloca, idealmente, in uno spazio, in un ambiente a loro riservato. Siedono, composti, fermi in un'eternità di tempo, un poco fiduciosi ma anche perplessi dentro una poltrona che ne definisce il destino... Posano come ritratti, ma con l'insospettata responsabilità di un evento, di un'ora, di cui essi non possono misurare la portata. Il pittore, sospinto da una sua particolare fantasia, dall'ambiente e dall'arredamento, li circonda con oggetti, ormai consueti, rituali del suo repertorio di contorno. Lampade da scrittoio vasi e portafiori di porcellana piante esotiche e di ornamento, dalle intriganti foglie come ritagliate con le forbici da una carta verde e lustra, il piede a tre gambe ricurve di un tavolo ottocento umbertino. Orchidee, di inevitabile allusione anatomica.Uno specchio circolare, da toletta. E la ressa di spalliere, di bracci di poltrone. Il modello non potrà mai uscire da questi sbarramenti. Giuseppe Raimondi (1967)
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