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I tesori d'arte sequestrati al boss in mostra a Reggio Calabria
Museo Archeologico Nazionale di Reggio C., 3 agosto - 30 novembre 2013
Un'immagine della mostra con il dipinto di Alberto Sughi, Studio di Donna Seduta, una delle 108 opere sequestrate dalla Guardia di Finanza al boss reggino Gioacchino Campolo (foto tratta da La Repubblica.it)

Sembra che il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, chiuso per interminabili lavori di restauro e riassetto dal primo novembre 2009, stia tornando ad essere una realtà viva e connettiva del tessuto sociale della città. Il ‘gigante’ bianco, progettato (1932-1941) dall’architetto e urbanista romano Marcello Piacentini, dovrebbe riaprire definitivamente le porte al pubblico nella primavera del 2014, con un anticipo importante in gennaio, quando rientreranno in sede i Bronzi di Riace, ospiti al momento del Palazzo Campanella, sede del Consiglio Regionale della Calabria.
Proprio in questi giorni è in corso la riapertura straordinaria di un’ala del Museo, grazie all’esposizione di un nucleo di opere pittoriche e grafiche, che spaziano dal XVI al XIX secolo, sequestrate nel 2010 dalla Guardia di Finanza al boss reggino Gioacchino Campolo. La collezione, che è nata e cresciuta con i proventi delle attività malavitose di quest’ultimo, viene per la prima volta resa pubblica e restituita con un atto di grande civiltà agli italiani. Infatti la collaborazione tra la Provincia della città dello Stretto e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, e nello specifico l’azione congiunta dei Soprintendenti dei Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici e dei Beni Archeologici della Calabria – rispettivamente Fabio De Chirico e Simonetta Bonomi – ha permesso lo scorso 3 agosto di inaugurare la mostra Arte torna Arte, un patrimonio restituito.

L’evento consente di notare inequivocabilmente come dietro le scelte del collezionista non si celasse una particolare consapevolezza da intenditore, ma il profilo di un frequentatore di aste dal gusto non particolarmente raffinato e accorto, il cui unico interesse era di attestare, attraverso la sua raccolta, il proprio status socio-economico. Tuttavia la collezione Campolo, varia per qualità, racchiude anche dei pezzi di un certo rilievo.

Delle 108 opere sequestrate, 93 hanno trovato posto nel percorso espositivo, che è stato strutturato dal curatore De Chirico per aree tematiche. La prima sezione è dedicata alle quindici opere più antiche della raccolta, e comprende, tra l’altro, un’Annunciazione di autore ignoto del XVI secolo, un dipinto su rame che raffigura Atlante, di ambito emiliano, e l’olio su tela del pittore e incisore olandese Godfried Schalken (1643 – 1706), che rappresenta un’Allegoria della Vanità, in cui emergono i legami con la grande tradizione pittorica fiamminga, da Rubens a Van Dyck. Oltre ai dipinti, tra i pezzi antichi è presente anche un nucleo di “arti minori” in cui spicca un Crocifisso eburneo di autore anonimo, databile al XVII secolo e ispirato ai modelli di Alessandro Algardi.

La sezione dedicata all’arte contemporanea è certamente la più ricca e quella che riserva le maggiori sorprese. La predilezione va al genere figurativo, al paesaggio e alla natura morta, che ha trovato un suo spazio importante all’interno della temperie culturale del secondo dopoguerra in Italia, e che in mostra domina nei lavori di Sassu, Cascella, Migneco, Ligabue, Guidi, Caruso, Brindisi, Purificato, Cassinari, così come nei quadri di Rosai, Tozzi e Morlotti. All’interno di questa unità si colloca anche una piccola ala dedicata alla grafica, in cui sono presenti due studi a gessetto rosso di Pietro Annigoni, profondamente ispirati al disegno rinascimentale fiorentino, Un interno di giardino del pittore romano Giovanni Omiccioli, datato al 1945, e uno Studio di donna seduta di Alberto Sughi.

Il percorso espositivo si conclude con le opere che rinviano al movimento spazialista di Lucio Fontana, incarnato dal Concetto spaziale – Attese dello stesso Fontana, e dal Senza titolo (Concetto spaziale) di Agostino Bonalumi, esponente di punta del Neoconcretismo italiano.

Tra gli artisti che chiudono il cerchio della mostra trovano spazio due personalità importanti dell’astrattismo italiano: Pietro Dorazio, presente con i suoi intrecci di fili colorati, in questo caso rappresentati da Traguardo II e Luigi Veronesi, di cui Campolo possedeva il dipinto della tarda attività Struttura B1, in cui lo studio che negli ultimi anni Veronesi compiva sui rapporti matematici delle note musicali viene tradotto nei rapporti tonali tra i colori primari e secondari.

Una menzione a parte merita la sezione dei falsi, in cui il collezionista era incappato durante i suoi acquisti. Tra i molti, spiccano le copie di Renato Guttuso, Giorgio De Chirico, Filippo De Pisis e Mario Sironi, cui si aggiungono i più problematici da identificare Mario Schifano e Salvatore Fiume. A chiudere questa parte dell’esposizione va certamente citata la replica della celebre Jacqueline au chapeau noir (1962) di Pablo Picasso, il cui originale è conservato al MOMA di New York. 
  
 Giulia Bonardi, 8/8/2013
per News Art Notizie dal Mondo dell'Arte


ARTE TORNA ARTE
3 agosto – 30 novembre 2013

Museo Archeologico Nazionale
di Reggio Calabria

Piazza De Nava, 26 - 89100 Reggio Calabria
tel. 0965/89.82.72 - fax 0965/81.30.08

Orari di apertura
Tutti i giorni dalle 09.00 alle 20.00
 
Pagina a cura dell'Associazione Culturale Archivio Sughi


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