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CSAC,
Universita' di Parma

IL DISEGNO DEL REALISMO
di Gloria Bianchino

 

Forse sono i disegni la chiave più immediata per comprendere il lavoro di Sughi, anche se, come egli ha più volte affermato nelle interviste, i disegni sono un percorso a parte rispetto ai dipinti, perché Sughi, sulla tela, non disegna. Ma allora che funzione hanno gli schizzi e che funzione hanno i disegni più complessi, i disegni finiti, quelli che poi diventano illustrazione di grandi opere, da Dante a Leopardi a Manzoni? Credo che per orientarsi nel corpus notevole dei disegni che Alberto Sughi ha voluto donare alle collezioni del CSAC, oltre 600, si debbano distinguere i disegni per le funzioni che assumono nella ricerca dell’artista. Disegni dunque legati come alla scrittura automatica, che Sughi schizza su fogli sparsi, in genere di piccola dimensione, mentre discorre con un amico, conversa al telefono o comunque quando non è impegnato direttamente a dipingere. Si tratta di una presenza cospicua nelle collezioni dello CSAC e sono ben riconoscibili perché non appaiono immediatamente collegabili ad alcun ciclo, ad alcun gruppo di dipinti realizzati dall’artista, anche se in qualche modo a queste ricerche possono sempre finire per essere ricondotti. Poi vi sono disegni che invece hanno rapporto diretto con i cicli dipinti o con singoli quadri, e che assumono quindi una funzione importante nella elaborazione della immagine da parte di Sughi; infatti se è vero che Sughi non disegna sulla superficie della tela per apprestare l’opera, è anche vero che l’artista sperimenta in qualche modo le diverse composizioni e finisce quindi per elaborare un insieme di immagini, disegni di piccolo formato quasi tutti, nei quali studia i soggetti, costruisce le composizioni, inventa quindi uno spazio di racconto. Sughi è un artista che muove dai disegni, muove da una riflessione di insieme sui soggetti da inserire dentro una possibile narrazione, ma poi cambia strada facendo, e molte volte, nella composizione aumenta o diminuisce i personaggi, per cui il disegno iniziale, quel piccolo schizzo, può essere più volte mutato o anche del tutto stravolto. Esiste poi un altro genere di disegno, che a sua volta si colloca alla fine di un percorso di ricerca dell’artista, è il disegno per le illustrazioni che, di solito, sono disegnate e colorate in modo molto attento, e quindi riprodotte in litografia o con altri mezzi di stampa nelle grandi edizioni numerate per le quali Sughi è stato chiamato a collaborare. Di questi disegni se ne ritrovano alcuni gruppi significativi nelle collezioni dello CSAC e la analisi che segue permetterà di vedere il livello di definizione delle forme e i caratteri delle singole immagini che l’artista propone.

... Il gruppo delle tempere e carboncino su carta per le illustrazioni de I Promessi Sposi (inv. nn. A008515S- A008529S) è certo uno dei raggiungimenti più alti di Sughi nell’ambito del racconto, e dunque della illustrazione del romanzo e dovranno essere analizzati nel loro insieme.

Sughi ha intenso restituire una atmosfera secentesca ma, per fare questo, ha dovuto caricarla in molti casi della forza della modernità; così vorrei cercare di cogliere questa modernità in trasparenza nelle immagini del pittore di Cesena. Don Abbondio (inv. n. A008515S) per esempio sarà anche vestito di abiti secenteschi ma è soprattutto un ritratto legato direttamente all’ultimo Van Gogh; quanto a Don Rodrigo (inv n. A008516S) lo spazio è certo quello rembrandtiano ma lo sfondo e il taglio di luce vengono direttamente da Munch; Renzo (inv. n. A008521S) muove da Gericault e da il Bruto di Michelangelo a Firenze al Bargello; il Cardinale Federico Borromeo (inv. n. A008522S) cita soprattutto Velazquez; quanto a Donna Prassede (inv. n. A0008523S) è chiara ripresa dal Picasso del periodo del viaggio in Italia e dunque verso il 1917. Non serve analizzare altri pezzi di questa serie importante per comprendere che il senso della rivisitazione del passato di Sughi passa sempre attraverso una riflessione sul presente. Sughi quindi vuole raccontare I Promessi Sposi e li vuole raccontare attraverso la riflessione sull’arte del Seicento ma non può non usare le lingue, le scritture, le esperienze del contemporaneo e quindi attualizza, di fatto, le immagini del passato alla luce del presente. In fondo, la chiave di tutto sta forse in quei disegni con Manzoni che guarda seduto l’orizzonte, si suppone il ramo del lago di Como (inv. nn. A008323S- A008326S), che somiglia troppo alla serie dei dialoghi con lo spazio attorno e magari col cane che Sughi ha dipinto tante volte in passato.

Un gruppo importante di disegni è quello per le illustrazioni della Divina Commedia (inv. n. A008439S- A008124S) per le quali Sughi ha dovuto dialogare con un patrimonio di immagini enorme; fra queste però quelle che più lo devono avere interessato sono le illustrazioni di Gustave Doré per la loro analitica ricchezza, certo, ma più forse perché hanno saputo diradare le composizioni, concentrarle attorno ai protagonisti, e rendere attorno ad essi come il vuoto, lo spazio del paesaggio. Ma se questo sistema di riferimenti poteva andare bene per rappresentare l’Inferno, beninteso insieme a un rinnovato dialogo con le litografie di Daumier e con i dipinti di Gericault, Sughi aveva bisogno di altri modelli per rappresentare il Paradiso ed anche per rappresentare il volto di Dante. Alcuni disegni, proprio sul volto di Dante, riconducono ad altre atmosfere, da David a Dante Gabriele Rossetti (inv. nn. A008439S, A008441S), mentre nell’insieme dei disegni trovi echi di Rodin ma anche del realismo grafico degli anni ’50, sottili citazioni di manieristi del Cinquecento e riprese evidenti da Goya de La Quinta del Sordo e dunque dell’ultimo periodo di quell’artista, come nel caso di Farinata degli Uberti (inv. nn. A008472S, A008471S). Naturalmente la cultura di un artista è la sua stessa lingua, che è lingua storica, e quindi non dobbiamo fraintendere quello che si è scritto, Sughi ha consapevolezza storica dell’arte del passato e utilizza alcune forme, alcune scritture per una sintesi nuova e diversa e efficacissima che è evidente in ogni disegno preparatorio e poi in quelli finali. Vorrei ricordare ancora, come fatto per I Promessi Sposi, il singolare intreccio di nuovo e di antico in queste immagini di qualità altissima. Così Paolo e Francesca nell’eterno vortice (inv. n. A008116S) sono insieme Munch e Michelangelo, ma anche una ripresa nella grafia del fondo dell’Informale; Farinata degli Uberti (inv. n. A008117S) è certo legato al Goya dell’ultimo periodo ma ha davanti una specie di battaglia di Cascina dal disegno appunto post-michelangiolesco; Il cammino sulla spiaggia deserta (inv. n. A008119S) sembra una citazione de La grande Jatte di Seurat e ne ha persino alcune scansioni geometriche; Il pianto di Guido de Luca (inv. n. A008121S) è una evidente citazione da Rembrandt; Quei che dipinge lì, non ha chi’l guidi (inv. n. A008123S) è veramente una riflessione sul Dejeuner sur l’herbe di Manet e sugli ultimi dipinti “Bagnanti” di Cézanne, ma rivisto attraverso la scomposizione del colore di de Kooning.

Molti altri, certo, sono i disegni di Sughi, questa non poteva che essere una analisi molto abbreviata e magari anche troppo schematica, ma forse essa è sufficiente per giungere ad alcune conclusioni.

Sughi utilizza lingue diverse e certamente le utilizza in funzione del suo racconto; quando disegna la figura di Beatrice pensando a Ingres oppure a David, e dunque sublimandolo in un assoluto neoclassico costruisce un certo genere di senso; quando reinventa Rembradt per segnare i personaggi più drammatici de I Promessi Sposi o della Divina Commedia, evidentemente punta a un nuovo sistema di sensi. Quando usa le citazioni dall’antico, Michelangelo o la pittura della maniera, Velazquez oppure altri ancora, intende costruirei un sistema di sensi che sia immediatamente comprensibile a chi guarda proprio perché in qualche modo già conosciuto. Ma il filtro attraverso cui Sughi osserva il mondo è sempre quello del realismo, e dunque della pittura che da Gericault a Daumier è stata individuata come la chiave per una diverso recupero della realtà e per identificare i pittori che non volevano schierarsi con la ricerca pittorica astratta o comunque non realista. Questa dunque sembra essere, fino all’ultimo, fino ai disegni più recenti, la traccia che Sughi mantiene dentro di sé delle ricerche precedenti, quelle del periodo di formazione tra anni ’40 e ’50, quello che è analizzato in questo stesso volume su un materiale grafico fino ad oggi non conosciuto.

  • Tratto da Gloria Bianchino : Il disegno del realismo (Ed. Skira collana CSAC, Gennaio. 2006)

Alberto Sughi nei volumi SKIRA

Volume pubblicato in ocassione della mostra di Alberto Sughi nella Collezione CSAC, Parma Salone delle Scuderie n Pilotta, 21 Dicembre 2005 - 22 Gennaio 2006


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